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SULMONA – 128 ricoveri dal 1 dicembre al 31 maggio con un picco di ingressi nel mese di marzo dovuto anche all’estensione della convenzione per i degenti provenienti dalla ASL di Pescara (in totale 109 pazienti provenienti dalla ASL Avezzano – Sulmona – L’Aquila e 19 pazienti provenienti dalla ASL Pescara).  L’età media dei pazienti ricoverati è 71 anni (il paziente più giovane: 25 anni. Il più anziano: 103). L’organico dedicato è stato composto da 31 unità di diverse famiglie professionali: medici, infermieri, O.T.A., caposala e ausiliari. A scattare la fotografia, all’indomani della scadenza della convenzione con Asl e Regione, è la clinica San Raffaele di Sulmona che nella seconda e nella terza ondata dell’emergenza pandemica ha recitato un ruolo importante per la cura dei pazienti Covid, venendo incontro agli ospedali saturi e in difficoltà. In queste ore si sta procedendo alla dimissione dei pazienti guariti clinicamente. MA che tipo di pazienti ha preso in carico la struttura sanitaria e come sono stati curati? Ce lo spiegano il dott. Attilio Bruno, responsabile medico del reparto e il dott. Giovanni Iacutone, Direttore sanitario. “Abbiamo accolto anche pazienti che presentavano diverse patologie croniche e degenerative, preesistenti all’infezione e che costituivano spesso dei fattori prognostici negativi. Questo è stato il nostro principale sforzo come clinici. Nei momenti di massimo impegno, la selezione dei pazienti è stata certamente più difficile ,ma si è sempre seguito il criterio della sicurezza del paziente. L’ottimo rapporto creato fra noi e i Presidi Ospedalieri della provincia dell’Aquila e di quella di Pescara, ha sicuramente reso tutto più facile”- interviene Bruno spiegando pure che “la terapia della polmonite interstiziale da Covid 19 è abbastanza standardizzata, basandosi su ossigeno-terapia, cortisonici, antibiotici e profilassi antitrombotica. Però, la presenza delle preesistenti patologie, soprattutto nella popolazione anziana, ha reso necessario la continua personalizzazione dei protocolli terapeutici. Il nostro è stato, quindi, un reparto di Medicina Covid,ma anche di Medicina Interna e Geriatria”.  Il Direttore Sanitario ricorda gli sforzi profusi per la realizzazione del reparto. “Difficile dire che eravamo pronti essendo una struttura a vocazione riabilitativa, ma con spirito di sacrificio e con l’obiettivo di dare una mano importante al sistema sanitario pubblico in una fase delicatissima della pandemia abbiamo fatto diversi sforzi sia strutturali (contingentamento interno dei percorsi, attivazione di un nuovo silos di ossigeno medicale ecc…) che di recruitment di personale sanitario, e lavorando con spirito di squadra quello che risultava quasi impossibile è stato portato a termine in circa dieci giorni”- aggiunge Iacutone ricordando pure che  la “casa di cura strutturalmente  ha permesso di fare una netta e funzionale divisione tra il reparto covid ed i reparti riablitativi. Dedicando ascensori, ingressi e spogliatoi solo per i pazienti ed il personale così da ridurre praticamente quasi a zero il rischio interferenziale”. Si chiude quindi un ciclo per la San Raffaele che meritava, almeno dal nostro punto di vista, il giusto approfondimento.

Andrea D’Aurelio

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