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SULMONA – Mesi e mesi di calvario per vedersi riconosciuto quello che era a tutti gli effetti un suo diritto, ovvero l’indennità di accompagnamento. Quando il Tribunale gli ha dato ragione lui era già morto. La storia, l’ennesima che balza alle cronache, è quella che vede protagonista il signor Bruno ( nome di fantasia), un anziano sulmonese che in sede di invalidità civile aveva richiesto l’indennità di accompagnamento in forza del suo quadro clinico che presentava demenza senile e deficit ambulatorio. Eppure, dinanzi a uno stato di salute pressocchè palese, la commissione medico legale dell’Inps non gli aveva rinosciuto l’indennità. Per cui il suo avvocato, Catia Puglielli, ha impugnato il verbale della commissione intentando la causa davanti al Tribunale civile. L’indennità di accompagnamento è arrivata con il decreto di omologa da parte del giudice, che aveva nominato nel frattempo un perito, ma nelle more del giudizio l’anziano è deceduto. L’accompagnamento viene riconosciuto ma ormai, si potrebbe dire, non serve più. “Abbiamo notato che la valutazione delle commissioni risulta troppo rigida rispetto al reale bisogno della persona anziana che di fatto senza l’aiuto dei propri cari non può gestire autonomamente la propria vita”- commenta l’avvocato Puglielli che aggiunge: “ancora una volta dunque il tribunale si è pronunciato a favore di un anziano che purtroppo nelle more del giudizio è deceduto. Sebbene le somme verranno trasferite agli eredi costituiti in giudizio rimane comunque sempre l’amaro in bocca nel vedere una persona bisognevole non compresa dall’istituzione”. Una lotta contro il tempo che, nonostante tutto, non è persa se la storia servirà a cambiare approccio sull’argomento.(a.d’.a.)

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