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SULMONA – Non avrebbe dovuto abbandonare, come da linee guida, la sorveglianza costante della paziente nè avrebbe dovuto trascurare il particolare della mancata apertura della porta della stanza in cui la donna era ricoverata e dove è deceduta. Una vicenda surreale quella che vede protagonista un infermiere di 44 anni della Valle del Sagittario, attualmente in servizio presso l’ospedale di Sulmona ma all’epoca dei fatti, il 3 novembre 2020, di stanza presso il G8 Covid dell’ospedale dell’Aquila. All’uomo nelle scorse settimane gli è stato notificato l’avviso di chiusura delle indagini preliminari da parte della Procura della Repubblica dell’Aquila. Risulta indagato, nonchè sotto inchiesta, con la pesante accusa di omicidio colposo. Ma andiamo con ordine. Una paziente ( donna peruviana di 65 anni) era stata ricoverata all’ospedale aquilano, il 17 ottobre 2020, dopo aver contratto il Coronavirus. Dalla cartella clinica, acquisita e sequestrata dagli investigatori, si evince che la stessa aveva presentato lievi segnali di miglioramento, nonostante il quadro clinico critico, fino al giorno stesso del decesso. Improvvisamente, quel 3 novembre, la respirazione della paziente si è resa critica. Di qui la corsa degli infermieri per avvisare il personale medico, chiudendo la porta della stanza di degenza, rimasta bloccata per 15 minuti. Quando i sanitari hanno raggiunto la stanza non c’era più nulla da fare. La donna era deceduta. Per sbloccare quella maledetta porta si è reso necessario l’intervento di un tecnico. L’inchiesta è scaturita dalla denuncia dei familiari della donna che ha portato la Procura del capoluogo, unitamente alle forze dell’ordine, ad esperire tutti gli accertamenti del caso. L’infermiere sarebbe quindi finito sotto la lente della magistratura per aver violato l’obbligo della vigilanza della paziente ricoverata in terapia intensiva. Una storia che ha dell’incredibile visto che il blocco della porta fa emergere un problema di manutenzione, o comunque di natura tecnica, e non certamente sanitaria, come rimarcato dalla difesa del 44 enne. La Procura dovrà decidere se chiedere l’archiviazione del procedimento al Gip o il rinvio a giudizio al Gup. Mentre toccherà all’avvocato, Alessandro Scelli, smontare il castello accusatorio per far emergere la totale estraneità dei fatti del suo assistito.

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