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SULMONA – Nel 2018 le prestazioni ospedaliere sono state pari a 5379. Nel 2021 le prestazioni ospedaliere sono state pari a 3839. In tre anni una riduzione del 30% delle prestazioni ospedaliere di degenza nel nosocomio cittadino. Per dirlo in parole semplici: l’utenza preferisce curarsi altrove. Un quadro non proprio roseo quello che emerge dall’accesso agli atti effettuato in giornata dalla consigliera regionale, Marianna Scoccia e dall’ex assessore regionale alla sanità, Silvio Paolucci. Per la consigliera il crollo delle prestazioni non è da associare solo alla pandemia ma alla gestione della sanità e al ruolo svolto dalla politica regionale. “In questo modo il nosocomio peligno si trasforma in un piccolo ospedale altro che primo livello e ciò significa non poter chiedere investimenti in futuro”- tuona Scoccia- ” mi dispiace ma sulla sanità tutti ci aspettavamo molto perché troppe sono state le promesse. Avete tanto criticato chi vi ha preceduto ma voi avete fatto peggio”. Il dato deve spingere indubbiamente ad una riflessione. Se la riduzione delle prestazioni è fisiologica soprattutto perché tra il 2020 e il 2021 c’è stato lo stop alle prestazioni sanitarie differibili e non urgenti per via dello stato di emergenza Covid, è sotto gli occhi di tutti la carenza di personale che copre diversi reparti del nosocomio, le agende chiuse di reumatologia, doppler e gastroenterologia, la risonanza magnetica ancora in attesa di essere allocata all’interno dell’ospedale, i doppi viaggi degli utenti per sottoporsi alle prestazioni “fuori sede” e per ritirare i referti. Riaprire il tavolo sulla sanità è il minimo che si possa fare per cercare di invertire la rotta.

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