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ROCCARASO – Il primo gruppo di profughi afghani ha lasciato la base militare di Roccaraso. Presto arriveranno altri. Erano circa 80, tra uomini, donne e bambini, fuggiti dal terrore dell’Afghanistan. Il loro soggiorno, ha lasciato anche un ricordo bellissimo, con la nascita di Hina, all’ospedale di Sulmona. Sua madre sta bene ed ora si trova in una struttura protetta. Suo padre è stato ucciso dai talebani. C’era Parqwin, una ragazza sola nella Base di Roccaraso. Prima di andare via, ha voluto rilasciare alcune dichiarazioni per far comprendere a tutti come si vive sotto la minaccia costante dei talebani. “Il primo giorno in cui a Kabul i talebani hanno preso potere sono stata mandata con un volo militare per essere salvata in Italia dopo essere stata in altri tre paesi. La situazione era molto brutta c’erano lotte e sparatorie e bombe quindi ci hanno portato in Italia con un volo militare per essere salvi. Sono qui per la mia sicurezza. Da un anno e mezzo da quando alcune persone, che ho capito in seguito essere talebani, hanno scoperto che lavoro per la Nato hanno iniziato a minacciare la famiglia ed ho iniziato a ricevere molti avvertimenti da loro, è stato molto difficile per la mia famiglia, io sono stata costretta a rimanere a lavoro per un anno e mezzo e non ho potuto vedere la mia famiglia.Loro erano in Afganistan e la mia sorella più piccola e mio fratello non potevano andare a scuola e quindi li hanno mandati in Turchia. Io ero l’unica rimasta in Afganistan e quando la situazione era peggiorata tramite l’ambasciatore italiano sono stata portata in Italia. Sono stata portata nella base militare dove sono stata trattata bene ora sono a Roma”- racconta l donna che prima di entrare nella Nato era una giornalista, una collega sul fronte. “Il mio piu grande desiderio per il futuro è la pace e sicurezza per il mio paese. Vorrei avere una pacifica vita. C’è stato un momento in cui nel mio paese c’è stata pace ma ora hanno iniziato nuovamente a distruggere. Vorrei che la mia famiglia in Turchia riesca ad andare in un altro posto perche li ci sono molti rifugiati e senza il mio aiuto avranno difficoltà a sopravvivere”- riprende Parwin. Una storia concreta raccontata on the road, ovvero durante il viaggio della donna verso la Capitale. Perchè per parlare al mondo non si può certo rimanere seduti su una sedia. (a.d’.a)

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