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SULMONA – Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere padre e figlio di 46 e 20 anni, siciliani di origine e residenti a Pratola Peligna, comparsi questa mattina davanti al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Sulmona, Alessandra De Marco, per l’interrogatorio di garanzia che è stato fissato a seguito dell’arresto eseguito lo scorso sabato dal Nucleo Operativo della compagnia dei Carabinieri di Sulmona per esplosione di arma da fuoco, porto abusivo di arma clandestina e ricettazione. I due, difesi rispettivamente dagli avvocati Angelo Pace e Mario Iacovone, non hanno avuto nulla da dire al Gip che si è riservata ordinanza. I legali hanno chiesto la revoca della misura o sostituzione con una meno afflittiva. A proposito della posizione del padre 46 enne, l’avvocato ha contestato il “provvedimento fotocopia”, nel senso che il suo cliente si trovava agli arresti domiciliari per gli stessi reati. In realtà la svolta investigativa era arrivata proprio con l’arresto dell’uomo, trovato con una pistola calibro 765 nell’auto. Le analisi del laboratorio Ris, svolte tramite comparazione del bossolo, hanno permesso di scoprire che quell’arma è la stessa che ha esploso tre proiettili sulle abitazioni di via XXIV Maggio a Pratola Peligna lo scorso 4 febbraio e sul portone di un’abitazione di Raiano lo scorso 20 maggio. Stesso modus operandi e stessa mano secondo gli investigatori. La misura cautelare è stata quindi eseguita per la particolare “inclinazione a delinquere” dei due indagati, come rilevato dal giudice con precedente ordinanza. Intanto vanno avanti le indagini per stabilire se può esserci un nesso con l’incendio della vettura della scorsa notte a Pratola Peligna, in uso alla stessa vittima degli spari.

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