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SULMONA – Andrà alla sbarra il prossimo 5 ottobre l’agente di polizia penitenziaria di 53 anni, M.D.S., imputato per aver introdotto tre micro cellulari in cella, destinati verosimilmente ai detenuti del carcere di massima sicurezza di Sulmona. Lo ha deciso il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Sulmona, Alessandra De Marco, che ha accolto la richiesta del Sostituto Procuratore, Stefano Iafolla e ha fissato il giudizio immediato per il poliziotto, il quale sarà processato con rito abbreviato. La Procura, visti gli elementi raccolti in fase di indagine e la solidità del castello accusatorio, ha bypassato il filtro dell’udienza preliminare. Il reato contestato è l’accesso indebito di dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti. L’inchiesta era scattata il 25 ottobre dello scorso anno quando un detenuto, sorpreso con tre cellulari in cella senza scheda, aggredì cinque agenti mandandoli in ospedale. In quel periodo furono sequestrati una ventina di telefoni dietro le sbarre. Molti sarebbero arrivati anche tramite droni. Dal Palazzo di Giustizia avevano quindi disposto accurate perquisizioni, eseguite dal personale penitenziario, che portarono a rinvenire tre micro cellulari in dotazione al 53 enne più uno di sua proprietà. L’agente, rientrato dalla malattia, si era giustificato spiegando di aver portato quei telefoni per sbaglio, ovvero di averli dimenticati in tasca dopo averli acquistati a Napoli a prezzo modico, per poi rivenderli ad amici e colleghi. Inoltre la difesa dell’uomo, che aveva ottenuto la scarcerazione dal Tribunale del Riesame, aveva spiegato che non vi sarebbe prova alcuna sulla destinazione di quei micro telefoni. Una versione che la Procura non ha ritenuto credibile tanto da chiedere e ottenere il giudizio immediato per l’uomo in divisa. La palla passa ora al giudice del dibattimento, chiamato ad esprimersi in merito, con rito abbreviato. Intanto, sul fronte cautelare, le esigenze si sono allentate. Nei giorni scorsi il Gip ha recepito l’istanza dell’avvocato difensore, Alessandro Margiotta, sostituendo la misura degli arresti domiciliari con l’obbligo di firma. Per cui il poliziotto penitenziario torna in libertà in attesa del processo e del filone disciplinare dell’inchiesta che non è stato ancora aperto.

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