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RIVISONDOLI – E’ stata fissata per il prossimo 15 febbraio l’udienza davanti alla Corte di Cassazione sull’inchiesta della tentata estorsione a Rivisondoli. Davanti ai giudici si discuterà il ricorso intentato dalla Procura della Repubblica che ha impugnato l’ordinanza del Tribunale del Riesame dell’Aquila che aveva revocato l’obbligo di firma per i tre indagati (sindaco, vice sindaco e avvocato dell’ente) inflitta dal Gip del Tribunale di Sulmona. I tre sono accusati di aver chiesto la somma di circa 20 mila euro a quattro soggetti partenopei, uno dei quali condannato nei tre gradi di giudizio penali per aver costruito la scala di accesso alla propria abitazione direttamente sulla pubblica strada comunale, senza alcun titolo di proprietà. Gli indagati, sin da subito, hanno spiegato di aver agito esclusivamente per l’interesse dell’ente, fornendo ampia documentazione al riguardo, ribadendo pure che l’incontro finalizzato alla transazione è stato svolto nell’Aula Consiliare del Comune e in presenza di altri amministratori. Da qui la decisione del Riesame di annullare l’obbligo di firma disposto dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Sulmona. I giudici aquilani avevano revocato anche la sospensione dai pubblici uffici per il vice sindaco e la sospensione temporanea dell’esercizio della professione inflitta inizialmente all’avvocato dell’ente nonchè il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione. La Procura riapre il filone cautelare con il ricorso che approda in Cassazione. Nel frattempo si apprende che la “scalinata della discordia” è stata demolita dai querelanti nelle scorse settimane a seguito degli sviluppi dell’inchiesta e delle sollecitazioni di qualche legale. Il fattore scatenante dell’intero procedimento è stato di fatto rimosso.

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