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SULMONA – “Lo Stato dovrebbe fare di più soprattutto per il lavoro perchè se una donna ha un’occupazione si sente più sicura, forte e autonoma”. A parlare ai nostri microfoni è Linda, la donna  albanese pugnalata dal suo ex sotto casa, la sera del 29 luglio scorso. Una storia di violenza inaudita consumata nel quartiere di via Montesanto sotto gli occhi increduli dei figli della coppia e degli abitanti della zona. Urla, sangue e sirene spiegate. Una scena difficile da dimenticare anche per chi, come noi, l’ha raccontata non a distanza ma in tempo reale. Linda, salva per miracolo, ha trovato la forza di raccontarsi nella giornata internazionale contro la violenza di genere, trasformando il dolore in un appello a tutte le donne per fermare la violenza e riconoscerla sin dai primi segnali. “La violenza  non esplode in una notte ma viene piano piano. Chi la capisce prima e chi dopo come me. La violenza è anche un no violento, un divieto imposto a fare alcune cose che piacciono. Si entra così nel buncker e non vedi più la luce”- spiega Linda che lancia un accorato appello: “se c’è violenza psicologica e fisica non ci può essere nè un perdono nè una seconda possibilità. Allontanatevi subito “. Linda ha trovato la forza di reagire grazie ai figli (il più grande disarmò il padre riportando lievi ferite) e nelle tante persone, sulmonesi e peligne, che hanno mostrato vicinanza e sostegno. Un grazie lo riserva anche ai sanitari che l’hanno operata e tenuta sotto osservazione nella lunga terapia che ha portato alle sue dimissioni dall’ospedale. La storia di Linda ricorda a tutti che la violenza non è così lontana ma si nasconde dietro l’angolo dei nostri quartieri. Per questo va riconosciuta e chiamata per nome.

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