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SULMONA- La Procura della Repubblica di Sulmona impugna la sentenza di assoluzione dell’animatore turistico portato in aula dalla sua sottoposto. Una brutta storia di violenza sessuale che si era chiusa in primo grado con la destituzione del castello accusatorio. La Procura ha proposto appello, su sollecitazione dell’avvocato, Alessandro Scelli, quale difensore della parte civile e alla udienza di ieri la Corte ha disposto con ordinanza la nuova testimonianza della parte offesa. I giudici aquilani vogliono quindi risentire la vittima, rinnovando la fase istruttoria. I fatti risalgono al 28 agosto 2019. Secondo il quadro accusatorio l’animatore turistico, un giovane di Palermo che prima di essere assolto scontò dieci mesi agli arresti domiciliari, avrebbe costretto con violenza e minaccia una giovane di Torino, che lavorava in una struttura alberghiera del capoluogo del Pnlam, a compiere e subire atti sessuali. In particolare, nel corso di una discussione dopo la giornata di lavoro, svoltasi all’interno della stanza riservata al riposo del personale in servizio, dopo settimane in cui proponeva offerte amorose non corrisposte e poneva in essere comportamenti ritorsivi approfittando anche della posizione di diretto superiore dello staff di animatori turistici, avrebbe intrapreso una discussione con la giovane, chiedendole un rapporto sessuale. Il secco rifiuto della sua sottoposto non lo avrebbe fatto desistere. La donna aveva raccontato di essere stata bloccata sul letto con la forza, costretta quindi a compiere e subire la prestazione sessuale. L’imputato invece portò in aula le conversazioni della messaggistica di whatsapp, intercorse tra lui e la giovane, subito dopo i fatti, sollevando una serie di dubbi in merito all’accusa di violenza. Secondo la difesa sarebbe stata proprio la donna a scrivergli e a ricercarlo. Come pure la stessa giovane avrebbe accettato di posare in alcune foto durante l’amplesso, anche queste esibite in aula. Il collegio del Tribunale di Sulmona aveva assolto l’animatore turistico per insufficienza delle risultanze probatorie. Ma la vicenda finisce ora sul tavolo della Corte d’Appello dell’Aquila che vuole riaprire l’istruttoria, chiamando la vittima a rendere testimonianza. Via alla fase due della delicata storia

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