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SULMONA – “E’ un momento che si aspetta da nove mesi. Dopo il parto tutte noi abbiamo bisogno di un minimo di aiuto e condivisione”. Il grido di dolore viene lanciato dalle puerpere sulmonesi che stanno per affrontare il momento più bello e delicato della loro vita, ovvero dare alla luce il proprio bambino. Ma il rigido protocollo anti-Covid adottato dall’azienda comincia a creare la legittima preoccupazione da parte delle mamme che vorrebbero condividere i momenti del post parto con il proprio coniuge. E invece no. Anche per il reparto di ostetricia e ginecologia valgono le misure disposte dalla Direzione sanitaria della Asl dell’Aquila con la circolare dello scorso 14 settembre riguardante la gestione delle visite ospedaliere: entra solo un congiunto per un arco temporale che non deve superare i venti minuti, onde evitare di creare assembramenti, previo l’utilizzo dei dispositivi di sicurezza. Il nominativo deve essere comunicato al personale sin dall’inizio della degenza. Per il punto nascita, in base alle ultimissime disposizioni, è consentito accesso al coniuge o compagno della donna solo negli orari consentiti. Oltre alla compilazione del questionario pretriage bisogna controllare temperatura ad ogni ingresso. Il visitatore (coniuge/compagno e sempre solo quello) deve indossare calzari, guanti ed avere la mascherina. A tal fine è stato predisposto un servitore con guanti, termometro e calzari. Fuori della porta d’ingresso è stato posizionato contenitore per smaltimento calzari e guanti. Nella stanza di degenza deve essere presente solo un visitatore per volta. Un protocollo rigido ed esigente che ha fatto scattare il malcontento delle puerpere. Se è vero che durante il parto è ammessa l’assistenza di una sola persona con tampone negativo, la degenza segue il nuovo protocollo, con ovvie ripercussioni sul piano emotivo per una donna che deve affrontare tutta la fase del post parto. “E’ in quel momento che abbiamo bisogno di contatto, di avere tutta la famiglia riunita. E’ veramente triste non gioire e non condividere quei momenti con un papà e con il familiare stretto”- tuonano alcune donne in gravidanza- “sono i primi istanti in cui ci si ritrova catapultate in una nuova dimensione e in un nuovo ruolo”. Uno sfogo che arriva all’indomani della testimonianza dell’anziano sulmonese che ha lamentato il tempo risicato concesso per le visite alla sua consorte ricoverata in condizioni critiche. Quando il congiunto è un convivente, come nel caso del coniuge, le rigide disposizioni anti contagio si scontrano duramente con una realtà che talvolta sembra sconosciuta o poco considerata. Per questo un sollecito alla Asl era arrivato nelle scorse settimane dal Tribunale della sanità perchè in alcune circostanze, per dirla con le parole della referente task force Catia Puglielli, “si passa da un eccesso a un altro”.

Andrea D’Aurelio

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