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Avrebbero messo su una vera e propria associazione a delinquere finalizzata a favorire l’immigrazione clandestina. E per far questo si sarebbero avvalsi di falsa documentazione, false assunzioni e falsi distacchi di personale così da permettere ai clandestini di restare in Italia e agli imprenditori di poter utilizzare manodopera senza versare contributi assistenziali e previdenziali. Con queste accuse il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Pescara ha rinviato a giudizio sei persone di cui tre arrestate nel 2017, nell’ambito dell’inchiesta portata avanti dalla Procura di Pescara e dalla Guardia di Finanza di Popoli, partita nell’ottobre del 2016 con gli accertamenti espletati su alcune aziende della zona che sebbene apparissero di notevoli dimensioni presentavano una realtà ben diversa per il numero dei dipendenti e addirittura, in alcuni casi, non risultavano essere operative sul mercato. Indagini che hanno portato a scoprire un numero rilevante di false assunzioni con le quali l’organizzazione aveva permesso a 500 persone l’ingresso in Italia o di usufruire di agevolazioni quali indennità di disoccupazione (Aspi), di distacco di personale presso altre aziende che omettevano di versare contributi previdenziali e soprattutto di ottenere, sulla base di falsi presupposti, permessi di soggiorno per motivi di lavoro e per ricongiungimento familiare. Dalle indagini portate avanti dalle Fiamme gialle è stato scoperto un vero e proprio tariffario che i clandestini versavano all’organizzazione: 300 euro per ottenere la falsa assunzione, 20 euro per ogni busta paga e 30 euro per ogni modello Cud. Documentazione che serviva ai lavoratori per ottenere indennità di disoccupazione e altri facilitazioni e contributi. Stando ai calcoli dei finanzieri di Popoli è stato stimato un danno economico complessivo per l’erario e per gli istituti previdenziali di oltre due milioni e mezzo di euro. Al termine delle indagini preliminari sei indagati su quindici finiranno davanti al giudice monocratico come deciso dal Gup. Tra quegli imprenditori S.D.C e M.D.G., entrambi di Pratola Peligna e la commercialista A.C. di Introdacqua. A processo anche D.M., M.T. e B.D., residenti rispettivamente a Popol, Roccacasale e Pratola.

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