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SULMONA – Sono stati interrogati uno la volta per oltre quattro ore gli indagati di Rivisondoli, accusati di tentata estorsione. Si tratta del sindaco, Giancarlo Iarussi, del vice Roberto Ciampaglia e dell’avvocato dell’ente, raggiunti da misura cautelare dell’obbligo di firma, per aver chiesto la somma di circa 20 mila euro, da corrispondersi a favore del Comune, relative alle spese legali impegnate al bilancio dell’Ente per resistere in giudizi a cui hanno partecipato alcuni soggetti partenopei, condannati per invasione di proprietà comunale (strada) nei tre gradi di giudizio penali [cioè hanno costruito la scala sulla via pubblica senza che il comune avesse venduto loro l’area], mentre i partenopei ricorrevano alla giustizia amministrativa dove impugnavano la delibera del consiglio comunale del 2017 con cui l’Ente aveva negato il consenso a pervenire a un accordo transattivo con loro. I tre hanno risposto a tutte le domande del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Sulmona, Marta Sarnelli, spiegando di “aver agito esclusivamente per l’interesse dell’ente, ripercorrendo passaggio dopo passaggio tutti i chiarimenti richiesti, fornendo al riguardo ampia documentazione. Attendono quindi con fiducia l’ordinanza del giudice”- sottolineano Mariella Iommi e Franco Zurlo, difensori del sindaco e dell’avvocato. L’accusa di tentata estorsione viene confutata dalle stesse carte”- avrebbe riferito gli indagati al Gip. Il vice sindaco in particolare, nel corso del suo interrogatorio – come spiega il legale, Pietro Savastano – “ha ripetutamente chiarito che i denuncianti, attraverso l’intermediazione di altri soggetti, hanno ricercato insistentemente un incontro con l’amministrazione comunale (parte politica). Gli indagati, a quel punto, li hanno ricevuti nell’Aula Consiliare del Comune per ascoltare le loro istanze. “Ci siamo incontrati per intavolare una discussione nel corso della quale sono state rappresentate le reciproche posizioni finalizzate a una eventuale transazione dei giudizi e alla soluzione delle problematiche in essere da sottoporre successivamente al consiglio comunale. Nel momento in cui la discussione è divenuta sterile il vice sindaco ha abbandonato il tavolo”. Va precisato che a tale riunione erano presenti anche altri soggetti, tra cui due consiglieri comunali. Quindi, secondo gli addebiti mossi, la tentata commissione del reato è avvenuta nella aula consigliare della sede istituzionale dell’assise civica tra gli indagati i denuncianti, gli avvocati di questi ultimi, alla presenza di ulteriori persone, tra cui altri consiglieri comunali. Circostanza questa che, secondo l’Avv. Savastano, restituisce ai fatti la loro vera natura quella cioè di un semplice incontro di chiarimento delle reciproche posizioni.

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