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SULMONA – Avrebbe atteso circa dieci ore prima di essere dimessa, senza la consulenza sanitaria specifica. La disavventura è capitata ad una donna di mezza età che l’altro giorno ha dovuto fare i conti con l’affanno e l’odissea da pronto soccorso. Presa in carico alle 12.30 dello scorso 12 aprile, dopo l’applicazione del codice giallo per i forti dolori al petto e per il cardiopalmo, sarebbe stata sottoposta ai primi accertamenti per essere poi indirizzata nella sala d’attesa. Qui inizia il calvario fino alle ore 18 quando il medico di turno si avvicina, chiedendole se era in attesa di qualche congiunto. “Sono io la paziente”- risponde la donna che si sfoga con il sanitario. Alla fine l’orologio segna le 21.30. Due turni lavorativi sono passanti. La malcapitata è stata dimessa su richiesta per essere sottoposta alla consulenza cardiologica il giorno successivo. Una situazione che rasenta il paradosso, strettamente legate verosimilmente alla carenza di personale, dal momento che il pronto soccorso continua ad operare con un solo medico per turno, ai diversi tempi di diagnosi e al cumulo di lavoro negli altri reparti che talvolta non riescono ad evadere con tempismo tutte le consulenze. Una catena affannosa che si ripercuote sugli ignari utenti, spesso fragili o anziani. I vertici aziendali dovrebbe quindi aggredire con forza le annose problematiche, tenendo conto che il pronto soccorso resta il front office dell’intero nosocomio e a pagare le spese del sistema non può essere nè il paziente nè tantomeno il solerte e professionale operatore di turno, costretto ad ingoiare l’amaro boccone.

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