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SULMONA – “Secondo il Pd di Sulmona mia moglie o eventuali miei parenti non potrebbero lavorare per alcuna azienda del territorio”. A chiederlo al circolo locale dei dem è l’assessore comunale, Stefano Mariani, che replica al partito dopo la bufera sull’assunzione della sua consorte nella cooperativa Satic. Una reazione a catena che tiene ancora banco e che potrebbe avere una coda giudiziaria. “Mia moglie è stata assunta dalla Cooperativa Satic in data 22/07/2020 con mansioni amministrative e di segreteria generale a tempo determinato part time – interviene Mariani -. L’invio della candidatura curriculare è avvenuta oltre un anno fa, come d’altronde a molte altre aziende sul territorio regionale. Non mi sono mai permesso – e ribadisco “mai” – di chiedere a chicchessia alcun tipo di favore, né ho mai esercitato alcun tipo di pressione al fine di agevolare tale procedura. La procedura di assunzione è stata fatta pertanto in piena autonomia da parte dell’azienda”. L’assessore sta valutando di adire le vie legali. “Respingo al mittente con forza tutte le infamanti accuse rivolte alla mia famiglia, riservandomi di approfondire da dove abbiano raccolto dati così dettagliati soggetti a privacy, al fine di valutare eventuali azioni in sede giudiziaria contro chi fa della politica dell’odio una ragione di vita. Comunicherò e mi confronterò con la maggioranza che mi ha sostenuto e con la giunta eventuali determinazioni al riguardo”. Il Pd intanto insiste sull’argomento in attesa dei chiarimenti chiesti dal sindaco. “C’è un conflitto di interesse che solo i ciechi e sordi ad una qualsiasi etica istituzionale non vedono o vogliono sentirsi richiamare – sostiene il Pd – le vere vittime di un sistema politico- clientelare messo su in questi ultimi anni con feroce determinazione, scientificamente testata al punto da far impallidire i metodi della Prima Repubblica quando vigeva il cosiddetto “manuale Cencelli”, sono le centinaia di giovani e disoccupati a qualsiasi titolo che, pure in possesso di titoli e meriti probabilmente più qualificanti di qualche figlio, consorte o amico, sono costretti ad emigrare (se giovani) o a mettersi in fila con il cappello in mano davanti a qualche studio legale, ufficio pubblico o società pubblica. La teoria, poi, che parenti o amici di un amministratore comunale verrebbero discriminati perché in quanto tali non potrebbero partecipare a nessun concorso o avviso di ricerca per l’assunzione presso aziende del territorio, come afferma temerariamente il nostro assessore – evidentemente ferratissimo in materia di diritto del lavoro – appare di una goffaggine unica”. (a.d’.a.)

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