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SULMONA – La Procura della Repubblica di Sulmona ha chiesto il rinvio a giudizio per i cinque imputati coinvolti nell’inchiesta “Un Posto in Paradiso”, più conosciuta con il nome di “Droga nel garage”, una delle più grosse operazioni antidroga mai effettuate sul territorio, compiuta nell’ottobre 2019 dal Nucleo Mobile della Guardia di Finanza di Sulmona. Il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Sulmona, Alessandra De Marco, ha quindi fissato l’udienza preliminare per il prossimo 14 settembre. In quella data si saprà se i cinque andranno o meno a processo, salvo la scelta di riti alternativi. La chiusura delle indagini preliminari e le successive richieste al Gup sono state effettuate a seguito del rimpatrio in Italia dell’ex latitante, arrestato a Marbella di Spagna il 29 settembre dello scorso anno, considerato il deus ex machina dell’operazione. I fatti risalgono al 2 ottobre 2019 quando in un garage del viale della stazione furono scaricati un chilo e mezzo di cocaina, 14 kg di hashish, 15 grammi di marijuana. Le Fiamme Gialle, in flagranza di reato, presero il 51 enne proprietario del locale, A.D.P. e il corriere romano, A.E. Poi il conto arrivò anche per la giovane coppia (all’epoca dei fatti,ndr) D.M. e G.P. e infine per l’ex ricercato M.L.D., considerato dagli inquirenti la mente dell’intera operazione. Era lui che comunicava con la coppia considerata il suo braccio operativo. Per portare avanti l’attività di spaccio avrebbe ingaggiato di volta in volta giovani “collaboratori” ai quali affidava ingenti quantitativi di sostanza stupefacente da custodire e consegnare quotidianamente ai vari assuntori in città e nel comprensorio. Ma si affidava anche a insospettabili consumatori di stupefacenti, tanto da individuare nel garage il luogo di consegna dell’ultimo ingente quantitativo di droga. Comunicava tramite schede telefoniche che venivano utilizzate una sola volta e poi gettate via. A scoprire l’ingente traffico sono state Procura e Finanza che hanno smascherato il sodalizio. La palla passa ora al giudice per valutare se le accuse a carico dei cinque sono solide per essere sostenute in giudizio.

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