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L’AQUILA – Da Sulmona si era recata in “trasferta” per il furto nella casa inagibile fino ad essere scoperta e arrestata. Protagonista della vicenda giudiziaria è una 62 enne straniera, residente a Sulmona, condannata dal Tribunale dell’Aquila alla pena di due anni e un mese di reclusione. Il suo legale, che all’epoca dei fatti ottenne la revoca della misura cautelare, attende la fissazione dell’udienza in appello. I fatti risalgono all’11 febbraio 2022 quando i Carabinieri della stazione di Assergi erano intervenuti in un’abitazione di una zona interdetta della frazione di Paganica, avvisati dal proprietario di casa che poco prima aveva ricevuto la segnalazione telefonica di intrusione nell’immobile chiuso per inagibilità dal terremoto del 2009.Immediatamente sopraggiunti i carabinieri avevano bloccato la donna chiudendo ogni possibile via di fuga verso l’esterno e soprattutto verso il veicolo lasciato parcheggiato poco distante dall’obiettivo. Nel contempo era stata recuperata la refurtiva occultata all’interno di un borsone. Il materiale trafugato e rinvenuto, tra cui oggetti vari e complementi di arredo per la casa, erano stati restituiti ai legittimi proprietari che, per il furto patito, avevano subito sporto denuncia agli stessi carabinieri intervenuti.Il completamento delle operazioni di polizia giudiziaria, grazie anche alla collaborazione della parte offesa del reato, aveva portato i militari a ricostruire tutte le fasi del consumato furto. Nello specifico erano state estrapolate le immagini dal sistema di videosorveglianza che fornirono elementi di prova sulla condotta delittuosa tenuta dalla 62enne. Rinvenuti e sequestrati anche degli arnesi utilizzati per lo scasso del portone d’ingresso all’abitazione presa di mira.
La donna, già gravata da precedenti specifici, era stata quindi arrestata nella flagranza di reato e trattenuta nella camera di sicurezza del Comando Provinciale Carabinieri dove, sottoposta all’epoca a tampone, risultò positiva al Covid. Per questo l’avvocato difensore ottene la remissione in libertà della sua assistita, costretta ai “domiciliari forzati” per via della quarantena. Il conto della giustizia è arrivato con la condanna in primo grado a 25 mesi di reclusione. Sentenza che è stata appellata.

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