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SULMONA – Il tampone è da ripetere gli è stato detto dagli addetti ai lavori e lei, assieme agli altri componenti del nucleo familiare, resta “segregata” in casa in attesa della negativizzazione e guarigione da Covid-19. La disavventura è capitata nei giorni scorsi a una giovane residente nella città di Sulmona che, dopo il contagio dal virus, attende l’ultimo tampone di verifica prima di rientrare sul posto di lavoro e riprendere a pieno regime i ritmi della quotidianità. Una segnalazione che fa il paio con le altre arrivate nelle scorse settimane che hanno parlato delle lunghe attese per la negativizzazione e di tamponi smarriti dopo il processo nei laboratori di Teramo o L’Aquila. Fortuna che accade raramente- sottolineano dalla Asl- ma nel caso di specie è molto probabile che il test sia stato perso tant’è che dopo le rimostranze degli utenti lo svolgimento del tampone è stato subito riprogrammato. Un fuori programma che riaccende i riflettori sulla conclamata carenza di organico che investe la sanità territoriale e ospedaliera ma anche sull’allocazione del macchinario per processare i tamponi nel nosocomio peligno, prevista con tutta probabilità a fine mese dopo l’assegnazione delle attrezzature che risale a qualche giorno fa. “Non è possibile restare chiusi in casa per quasi quaranta giorni”- sbottano alcuni cittadini- “dobbiamo riprendere il lavoro e le nostre attività e non è possibile allungare i tempi perchè il tampone non si ritrova, diversamente ci avrebbero comunicato l’esito incerto”. Le famiglie fanno notare che le maggiori criticità si registrano proprio per la gestione dei pazienti Covid nell’ambiente domestico. Ogni nucleo familiare infatti viene isolato e liberato dalla quarantena congiuntamente, con tutte le conseguenze del caso per chi è negativo sin dall’inizio. “Il dramma è per i bambini, a maggior ragione quelli che non si sono mai contagiati, costretti a stare in casa pur stando bene e costretti a fare tamponi su tamponi che li traumatizzano”- aggiungono gli utenti che chiedono procedure più snelle per i nuclei familiari. Una problematica che si moltiplica anche a scuola con le decine di richieste al giorno che arrivano dai pediatri per lo svolgimento del doppio tampone, durante e dopo la comparsa dei sintomi, anche per un raffreddore, al fine della riammissione in classe. Tutto si può fare ma servono maggiori risorse umane per creare un sistema sempre più organizzato ed efficiente. Basterebbe rinforzare la medicina territoriale ed accelerare le procedure per il posizionamento del macchinario in ospedale che processerà al massimo 90 tamponi al giorno, reagenti permettendo visto che da più parti viene segnalata la mancanza di questi ultimi. Se qualche tampone manca all’appello è forse per i continui “viaggi” che i test devono fare per essere processati con tanto di dispendio di risorse umane ed economiche. Con la stagione invernale alle porte e l’influenza dietro l’angolo alcune carenze già note vanno risolte per una migliore gestione dell’emergenza nei mesi a venire.

Andrea D’Aurelio

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