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Santo del giorno

san francesco d'assisi pastore e martire

SULMONA – E’ una delle “mode” maggiormente in voga degli ultimi tempi, una deriva assolutamente insana e violenta del concetto di divertimento, strettamente (benché non esclusivamente) legata agli ambienti della movida. E quella notte del 14 aprile 2014, prima fuori il pub Black Bull e poi nei giardinetti di piazza Capograssi, a farne le spese fu un giovane originario di Castel Di Sangro picchiato violentemente con calci e pugni da tre persone che finirono agli arresti domiciliari. L’altro giorno, davanti al giudice monocratico Francesca Pinacchio, sono comparsi sei imputati. I tre presunti aggressori (L.B., M.B. e G.S.), accusati di lesioni personali gravi in concorso e altri tre giovani ( D.P., G.E., e F.P.), finiti sotto inchiesta per favoreggiamento personale nei confronti degli aggressori,  per aver cioè ostacolato le indagini della polizia raccontando una versione dei fatti diversa da quella reale. Il giudice, nell’udienza dell’altro giorno, ha ascoltato il perito Mario Di Napoli, chiamato a deporre dall’avvocato Silvia Iafolla. Il perito ha riferito che uno dei tre indagati, L.B., era capace di intendere e volere al momento del fatto e può stare in giudizio. Il 28 enne di Sulmona, deve rispondere anche del reato di minaccia grave, avendo prospettato -secondo l’accusa- al 20enne di Castel di Sangro di “fargli assaggiare la pistola”. Il ragazzo aggredito sarebbe stato picchiato selvaggiamente quella notte,  ripetutamente colpito da calci e pugni sul viso, tanto da riportare un trauma cranico facciale e varie ferite, per una prognosi complessiva di 45 giorni.  Futili i motivi. Almeno secondo il quadro accusatorio che gli avvocati della difesa stanno cercando di smontare. Prima le botte davanti l’ingresso del locale, poi il tentativo di fuga da parte del malcapitato in direzione  dei giardini davanti il tribunale, dove sarebbe stato raggiunto e picchiato.  Utili, per riconoscere i soggetti, i frame estrapolati dalle telecamere puntate su piazza Capograssi.  A ricostruire davanti al giudice i particolari dell’attività investigativa è stato l’ispettore superiore della Squadra Anticrimine del Commissariato, Daniele L’Erario, che all’epoca curò con i suoi uomini un’inchiesta lunga e difficile, scontrandosi con la reticenza dei soggetti presenti. Nella prossima udienza, in programma a primavera, saranno ascoltati altri testi prima della discussione e della sentenza.

Andrea D’Aurelio

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