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SULMONA – “Senza l’ospedale di Sulmona sicuramente avrei partorito in auto”. Quel parto urgente e precipitoso appartiene ormai ai ricordi per la signora Maria ( nome di fantasia), una delle tante donne che ha scelto Sulmona per dare alla luce il suo bambino. Ed è una di quelle partorienti che ha dovuto correre per strada per arrivare in tempo in ospedale e salvare la sua gravidanza. L’emozione, per lei, è palpabile. “Avevo rotto le acque alle 5:35 la mattina del 10 dicembre senza un dolore. Mio marito ha impiegato 14 minuti per percorrere la strada da campo di Giove a Sulmona, quasi a tempo di record, con una velocità al di sopra del normale vista l’emergenza. Mia figlia è nata alle 6.10 all’ospedale di Sulmona. Giusto in tempo. “E se il punto nascita fosse stato chiuso?”- si domanda ancora dopo tanti anni la donna che non dimenticherà quella notte tra paura e forti emozioni. A lei si aggiungono anche Michela e Stefania ( nomi di fantasia) che hanno partorito di recente a Sulmona, spiegando di “aver constatato di persona che il punto nascita va potenziato e no chiuso perché vanta veramente personale serio qualificato e preparato”. Il Mistero ha detto ieri il suo no “perentorio”, chiedendo alla Regione di indicare la data di chiusura mentre dall’Emiciclo sarebbero intenzionati a continuare ad investire sul reparto. Il problema è sempre quello dei numeri, ovvero della soglia irraggiungibile dei 500 parti annui. Dall’occupazione di Palazzo San Francesco del 2015, anno in cui venne varato il decreto Lorenzin, si è vista un’altalena di parti: 195 nel 2015, 206 nel 2016, 259 nel 2017, 232 nel 2018, 217 nel 2019 e 214 nel 2020. Ma va pure rilevato che i continui pareri negativi arrivati dal Ministero hanno pesato sull’impatto emotivo dell’utenza. Il punto è che, in un territorio con particolari caratteristiche orografiche, i numeri non possono essere presi in considerazione. Solo l’altro giorno un’anziana è stata colta di infarto e per essere trasferita d’urgenza all’Aquila è stata caricata prima in ambulanza e poi in elisoccorso. Una staffetta che si è resa necessaria per le avverse condizioni atmosferiche. L’elicottero non è riuscito ad atterrare a Castel Di Sangro. Di quale riorganizzazione vogliamo parlare se poi, sul piano concreto, la realtà è tutta diversa da quella rappresentata nei dossier? Al posto di quell’anziana poteva esserci una partoriente che doveva raggiungere l’ospedale più vicino. La verità vera è che chi deve programmare e decidere sceglie sempre la scelta nel breve periodo che tampona e non risolve il problema. A Ministero e Regione, perché nella sostanza il reparto andava e va potenziato, consigliamo di farsi un giro in auto tra i piccoli borghi del Centro Abruzzo per rendersi conto delle distanze e delle difficoltà come facemmo noi nel 2018, da Campo di Giove a Chieti. 75 minuti. Non cinque o dieci.

Andrea D’Aurelio

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