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SULMONA – “Parenti serpenti” in versione 2.0. Nell’era digitale gli insulti e le diffamazioni sui social restano un fenomeno assai diffuso, anche tra congiunti. E’ di ieri la sentenza del Tribunale di Sulmona che ha condannato un 68 enne di Corfinio, V.G., al pagamento di 600 euro di multa e delle spese processuali, oltre al risarcimento del danno dei confronti del nipote, assistito dall’avvocato Albero Paolini, che aveva intentato la causa e si era costituito parte civile, da liquidare in 3500 euro oltre alla refusione delle spese processuali e al versamento degli oneri nei confronti dell’erario. Nel periodo 1-4 marzo 2018 l’imputato aveva scritto dei messaggi accessibili a terzi, nel gruppo facebook denominato “Sei di Corfinio Se”, attraverso i quali accusava pubblicamente il nipote con parole e foto estrapolati da una cartella multimediale di “aver abusivamente consumato il gas erogato alla propria abitazione”, offendendone la reputazione. Per il giudice del Tribunale di Sulmona quel messaggio postato su un gruppo accessibile a tutti gli utenti ( non privato o riservato agli iscritti) ha configurato una diffamazione bella e buona che è costata cara all’imputato. Sempre sullo stesso social network il 68 enne aveva scritto al nipote altri messaggi del tipo “la barba e i capelli sono capace anch’io a farteli, morte tua vita mea, devi morire bruciato”, tanto da finire sotto processo anche per minaccia, accusa però che è caduta nel corso del procedimento. Per quest’ultimo reato il giudice ha pronunciato la sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste.La vicenda fa comunque riflettere su come spesso i social diventano lo “sfogatoio” di amici e parenti, tanto da confondere la sfera pubblica con quella privata. Nell’era dei “leoni da tastiera”, quelli che su facebook se ne dicono di tutti i colori ma nelle piazze evitano il confronto, è facile cadere nella “rete”.

Andrea D’Aurelio

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