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Il terrorismo psichico,la paura di non pensare,di non riuscire a pensare,come diceva Socrate nel Sofista : ”Viviamo in una condizione umana di pazzia” ; così sosteneva Van Gogh dopo 2500 anni, il quale era stato paragonato a Ligabue mentre lui non voleva, perché odiava la sua “pennellata puerile” . Lo stesso Van Gogh non voleva che le sue opere venissero analogate a quelle che invece erano preferite dal pittore Efève, amico di Ligabue, altrimenti sarebbe addirittura impazzito. Van Gogh era solito frequentare salotti dove si disquisiva sulla corrente filosofica di Nietsche, che a quell’epoca era diventata la base del pensiero dell’ideologia del fascismo, e nonostante tutto, cercava comunque di nascondere la paura che derivava da una sorta di nichilismo e di caduta delle certezze, quindi ne subiva il fascino masochista e torturatore; ad un certo punto questi pensieri lo fecero impazzire del tutto sfogandosi nella recisione del padiglione dell’orecchio sinistro in Olanda dove morì in un manicomio solo -stessa sorte fu per il filosofo tedesco ,il quale morì di solitudine. Gli estimatori e critici del pittore olandese diedero la colpa di ciò alla sua eccessiva sensibilità sensoriale, paragonandone la sorte a quella del filosofo fascista. Le loro patologie mentali erano legate ad un immaginario malato come quello del pittore Salvador Dalì, preso come malato mentale dall’inizio della sua carriera, il quale però si difese con la sua celebre frase :” L’unica differenza tra me e un pazzo è che io non sono pazzo”.
Ma a prescindere dai pregiudizi e dai sentimenti gli estimatori di rimando non hanno mai rinunciato a sentire palpitare sulle tele i cromatismi caldi e geniali come ad esempio contemplati ne “I girasoli di Van Gogh” o “La testa di tigre” di Liguabue negli Animalier.
La filosofia nietschana vede con occhio nuovo l’artista e lo studia, come faceva nelle tragedie greche, a lui tanto care, tanto da farlo assurgere a fama mondiale, insieme al Polens, tra i più celebri studiosi della tragedia greca classica. Il dionisiaco, la poetica del vino, con la quale Bacco si metteva in comunicazione con la natura per carpirne i suoi segreti, la potenza mentale di vedere oltre le righe, l’uomo che cerca di recuperare la proprio soggettività, non solo individuale ma anche artistica in un’oggettività tutta aristotelica; un nuovo artista, un immaginario, un’attività noetica nei nostri automatismi che rendono vera l’opera senza dover ricorrere sempre a Platone, cioè il cielo. Ma con Ecce Homo, l’autocreazione dell’io, le vere opere d’arte venivano estrapolate in maniera involontaria e poi bollate con la parola PAZZIA.
Vittorino Andreoli,sociologo contemporaneo, ha scritto un libro al riguardo che si intitola Homo Incertus -La società che ha paura di vivere

FORSE SOCRATE AVEVA RAGIONE?

Mmariarosaria Trigilio

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