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SULMONA – E’ una sentenza pilota, che apre una strada, quella emessa dal Tribunale per i minorenni dell’Aquila che ha dato il via libera, nei giorni scorsi, all’adozione di un minore ad una coppia di donne, entrambi residenti in Valle Peligna, che avevano costituito un’unione civile. Una lunga battaglia, condotta unitamente all’avvocato del foro di Sulmona, Barbara Ranucci, che ha portato i giudici aquilani a dare il via libera anche per l’attribuzione del doppio cognome. Il bimbo sarà figlio di mamma e mamma. Un provvedimento da consegnare agli annali poichè non ha, almeno sul territorio regionale, precedenti storici. Ma andiamo con ordine. Il Tribunale per i minorenni dell’Aquila, su ricorso presentato dall’avvocato Ranucci, con Sentenza dello scorso 9 novembre, ha disposto farsi luogo all’adozione di un minore in favore della compagna con la quale aveva costituito un unione civile. Il Tribunale nello specifico ha ritenuto che “nel caso di specie non si può non tener conto delle situazioni che sono da tempo esistenti e cristallizzate: il minore è nato e cresciuto con le componenti la coppia, instaurando con loro, madre biologica e compagna, un legame inscindibile che, a prescindere da qualunque classificazione giuridica, nulla ha di diverso rispetto a un vero e proprio vincolo genitoriale. Negare al minore i diritti e i vantaggi che derivano da questo rapporto costituirebbe certamente una scelta non corrispondente all’interesse del minore, che, come indicato dalla Corte Costituzionale stessa, dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e dalla Corte di Cassazione occorre sempre valutare in concreto”. La coppia aveva iniziato la propria convivenza nel 2014, decidendo di ricorrere alla procreazione medicalmente assistita all’estero, affinché la partner potesse diventare madre biologica. Tutto ciò nasceva dall’esigenza di dare corso al progetto di formare una famiglia e di avere figli. Tant’è che poco dopo la nascita del minore hanno costituito un’unione civile. “Ho intrapreso ed abbracciato con entusiasmo quanto desiderato dalla coppia innanzitutto perché sono fermamente convinta che non debbano esistere discriminazioni di qualsivoglia natura e in secondo luogo perché ho avuto modo di sincerarmi in ordine al profondo legame intercorrente tra il minore e la coppia. Ho inteso questo mio ricorso come una sorta di sfida in quanto in Italia sono state emanate pochissime sentenze simili a questa e posso affermare con ragionevole certezza che in Abruzzo sia la prima”- commenta con soddisfazione l’avvocato, Barbara Ranucci. Una sentenza che, secondo gli addetti ai lavori e non solo, rappresenta la vittoria della civiltà e dell’uguaglianza sulla discriminazione, figlia di paradigmi e approcci culturali pressocchè nulli.

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