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Dopo che il governatore Marsilio ha inviato una lettera al ministro Costa con la quale chiedeva di “soprassedere dal ricorso poiché ogni decisione di proseguire il contrasto tra stato ed autonomie regionali ed autonomie in sede giurisdizionale, del resto, non solamente si pone in distonia con l’iter amministrativo sin qui svolto per intervento di bonifica delle aree esterne Solvay del Sito di Interesse di Bussi e modifica un unilateralmente il sistema operativo concordato e finora perseguito, ma risulta anche rischiosa sul piano delle conseguenze dannose che dalla essa potrebbero derivare”, il Ministero dell’Ambiente ha presentato il ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar d’Abruzzo che lo scorso 3 dicembre aveva annullato per illegittimità l’annullamento di ufficio con cui lo stesso Ministero aveva azzerato la gara di appalto, da lui stesso aggiudicata anni prima, sull’area delle discariche abusive a nord dello stabilimento di Bussi.

Per il ministero infatti “l’esecuzione della sentenza di primo grado produrrebbe l’effetto di paralizzare le attività in corso, tra le quali devono essere annoverate le attività impropriamente definite di “capping” (ricomprese nel Mipre) con cui Edison sta in realtà procedendo alla copertura con teloni del sito inquinato, nell’attesa della definitiva bonifica del sito medesimo. La sentenza del Tar Pescara è quindi suscettibile di creare un pericoloso arresto nel procedimento di bonifica che è già in corso da mesi”, come si legge nel ricorso.

L’assessore all’Ambiente della Regione, Nicola Campitelli, afferma che “Il Ministero dovrebbe avere a cuore le esigenze di tutela ambientale. Invece, nostro malgrado, continua lo scontro in sede giudiziaria, mentre l’avvio delle attività di bonifica programmate diventa ormai improcrastinabile per il risanamento ambientale del sito di Bussi, accertata la contaminazione che continua a produrre effetti dannosi per l’ambiente e per la salute dei cittadini”.

 

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