L’AQUILA – Aveva raggirato e licenziato la sua dipendente per la gestione del ristorante ma la truffa è prescritta. Ha dell’incredibile la vicenda che vede protagonista un 53 enne di Napoli finito due volte alla sbarra e prosciolto con sentenza di non doversi procedere, emessa recentemente dai giudici della Corte d’Appello dell’Aquila, che hanno riformato la sentenza di primo grado. La giustizia lumaca lo ha graziato e gli evitato la condanna a sette mesi di reclusione che il Tribunale di Sulmona gli aveva comminato. Al centro dell’indagine c’era un raggiro bello e buono, scoperto dalla Procura di Sulmona dai Carabinieri della compagnia di Castel Di Sangro che, con il Luogotenente Domenico Cavalca, curarono l’attività d’indagine dal 17 febbraio 2013 al 31 maggio 2014. Nello specifico l’inchiesta dei militari portò ad accertare che l’imprenditore si sarebbe fatto consegnare 22 mila euro in contanti da una dipendente mediante il raggiro consistito nel promettere alla donna di farla entrare in società al 50 per cento nella gestione del ristorante. Il 6 giugno del 2013, il 51 enne avrebbe quindi condotto la sua aspirante socia da un consulente del lavoro per la firma di un atto di ricognizione dei propri beni immobili per poi licenziarla e lasciar scadere infruttuosamente il termine per la costituzione della società, dopo aver impiegato il capitale ricevuto per spese esclusivamente personali. La dipendente, davanti al giudice del Tribunale di Sulmona, aveva confermato per filo e per segno i fatti. Da qui la condanna inflitta nel novembre del 2021. Ma la prescrizione ha spinto la Corte d’Appello a riformare la sentenza e a graziare l’imputato, già condannato per un episodio analogo dal Tribunale di Lanciano.