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SULMONA – “Siamo in guerra” continuano a ripetere in tanti.   La pandemia Coronavirus non è altro che una battaglia comune da vincere sul campo, tutti insieme, con grande senso di responsabilità. Ma come la stiamo affrontando? I nostri avi, se fossero ancora in vita, ci direbbero chiaramente e senza girarci intorno che siamo fortunati. Avete mai visto una guerra che si può combattere dal salotto di casa? Eppure è questo che viene chiesto. Almeno ai “non addetti”. Le raccomandazioni sono arcinote: restare a casa, limitare le uscite, spostarsi solo per comprovati motivi di salute e stretta necessità o per recarsi al lavoro. In un momento di grande emergenza tutto diventa più difficile. Chi dovrebbe restare in silenzio parla, chi dovrebbe agire si mette in quarantena e in auto isolamento, chi non si è mai confrontato con la quotidianità cerca la strada più comoda: sedersi dietro a un pc. Nulla di anomalo al tempo del Coronavirus. Ma produrre e proporre è un conto, alzare il dito e trasformarsi in un leone da tastiera è tutt’altro. E’ inutile ricordare che il Coronavirus ci sta insegnando tante cose. Quella crisi di cui si parlava fino al mese scorso è diventata “ricchezza”, i rapporti umani tornano preziosi dopo l’inevitabile rivisitazione, la programmazione dell’ordinario viene percepita come una preziosa risorsa per far fronte all’emergenza del momento. Basti pensare all’ospedale di Sulmona dove l’annosa carenza di organico si ripercuote sugli “eroi in corsia” che lottano sul fronte per garantire le cure e salvare le vite umane. Se le unità del pronto soccorso sono le stesse del pre-triage è perché nessuno ha messo mano, finora, al ripristino della pianta organica. Lo stesso si può dire per la fornitura dei dispositivi di protezione, la cui carenza sta mettendo in ansia e in agitazione il personale sanitario che entra ed esce dal nosocomio con la paura di contrarre il virus. Ed è così che la deroga al piano regionale per la gestione dell’emergenza, con un ospedale No Covid che diventa Covid per qualche giorno, scatena la rivolta. Perché certi percorsi e determinate misure vanno pianificate per tempo. Chi evidenzia tali criticità? Durante l’emergenza bisogna agire e risolvere i problemi. La spartizione della responsabilità si fa alla fine. Se è vero come è vero che in uno stato di diritto le norme vanno rispettate, la sostanza delle cose non può essere lasciata al caso perché è lì poi che si gioca la lotta. E’ da valorizzare quindi chiunque in questo momento fa il suo: dall’imprenditore che mette a disposizione una casa gratis per chi si trova in quarantena al Tdm che presenta il piano per gestione Covid nell’ala vecchia, senza tralasciare i sindaci che si preoccupano di tutelare la salute dei cittadini e restano sul fronte in ogni modo. Che dire poi degli operatori sanitari che ogni giorno, prima di recarsi al lavoro, non escono di casa senza farsi il segno della croce. Ma pensiamo anche ai commercianti che vendono beni di prima necessità, a chi continua a lavorare, all’esercito di volontari che assistono la popolazione e alle forze dell’ordine che controllano il territorio rischiando anche loro. E poi, alla fine, ci siamo noi che per tenervi aggiornati e che per comprovate esigenze di lavoro dobbiamo necessariamente uscire di casa con le nostre famiglie che, vedendoci presenti in ogni dove, restano con il fiato sospeso. Anche nell’emergenza il rispetto dei ruoli è garanzia di ordine sociale. Chi può resti a casa perché uscire senza una valida ragione significherebbe rischiare per sé stessi, per i propri cari e per gli altri. Chi non può si dia da fare. Diamoci da fare. Sempre con una linea e senza mai improvvisare. Chi può ma non fa sicuramente non sbaglia ma perde anche il diritto di lamentarsi quando tutto sarà finito. Noi cerchiamo di fare del nostro meglio e restiamo in diretta. Voi restate sulla cresta dell’onda, di onda tv, per lottare contro  il virus della cattiva informazione.

Andrea D’Aurelio

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