SULMONA – Sarebbe stato sequestrato per quattro lunghissimi giorni in un casolare di campagna per poi essere caricato nel cofano della vettura e scaricato nel fiume. L’inumana storia, che vede protagonisti una 40 enne di Sulmona e un agricoltore di fuori regione, è rimbalzata oggi in Tribunale, in sede di udienza preliminare, davanti al giudice, Marta Sarnelli, che ha rinviato a giudizio la donna per sequestro di persona, violenza privata e omissione di soccorso poiché, nei quattro giorni del sequestro, l’uomo sarebbe stato anche spintonato senza essere soccorso. Stando sempre al racconto della presunta persona offesa, raccolto dal Nucleo Radiomobile della compagnia dei Carabinieri di Sulmona, il giovane dopo aver raggiunto in piena notte la stazione di Sulmona a piedi, invece di chiedere soccorso, avrebbe deciso di raggiungere l’abitazione del suo datore di lavoro a Raiano sempre a piedi e lì finalmente chiedere l’intervento del 118. Da qui l’inchiesta che ha portato oggi al rinvio a giudizio della donna con grande sorpresa del suo avvocato difensore, Alessandro Rotolo, che aveva chiesto il non luogo a procedere per l’assenza di riscontri probatori al riguardo. Stando alla tesi difensiva la persona offesa, che non si è costituita parte civile, avrebbe pianificato con artificio l’episodio per vendicarsi dell’adozione della prole, un bimbo di appena tre anni, che era stato affidato inizialmente all’imputata. Una vicenda insomma che deve essere chiarita nei minimi particolari. Se ne occuperà il Tribunale in sede collegiale.