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SULMONA – “La condotta carceraria avuta da questa persona può tranquillamente essere presa a modello per descrivere la perfezione raggiunta (da lui in primis e da tutti gli operatori penitenziari in quanto compartecipi all’attività trattamentale) nell’opera di recupero e reinserimento sociale e che governa i nostri obblighi professionali”. Ne è convinto Mauro Nardella, agente di polizia penitenziaria e Segretario Uil Pa, che interviene a Onda Tg sul caso dell’ergastolano uscito dal carcere sulmonese su disposizione del Tribunale di Sorveglianza dell’Aquila. La decisione dei giudici aquilani ha fatto scattare la protesta del sindacato Sappe per i trascorsi dell’ergastolano che, nel 1994, uccise un poliziotto penitenziario. Ma per Nardella il percorso di rieducazione è più da ammirare che additare perché conforme ai dettami della Costituzione e al ligio rispetto delle regole di detenzione.  “Vale la pena ricordare”- si legge in un passaggio della lettera che Nardella ha diffuso a Onda Tg- “che tutti i poliziotti penitenziari quando sono chiamati a prestare giuramento lo fanno impegnandosi ad  assicurare tutto ciò che, nell’ambito dei compiti istituzionali loro attribuiti, gli si chiede di svolgere. Risulta superfluo, quindi, affermare che non farlo rappresenterebbe, così come è  ovvio che sia, un motivo di esclusione. La condotta carceraria avuta da questa persona può tranquillamente essere presa a modello per descrivere la perfezione raggiunta (da lui in primis e da tutti gli operatori penitenziari in quanto compartecipi all’attività trattamentale) nell’opera di recupero e reinserimento sociale e che, come dicevo, governa i nostri obblighi professionali. Il risultato raggiunto, improntato ad integerrima risposta data dal detenuto,  più che portare ad innescare critiche dovrebbe servire a far capire  quando importante sia poggiare l’opera voluta dalla Costituzione  sul prezioso lavoro  dei poliziotti penitenziari. Non riconoscergli il merito di essersi guadagnato il beneficio premiale del lavoro all’esterno ( ex art.21 L.354/75), tra l’altro suffragatogli da un organo giudiziario quale è il Tribunale di Sorveglianza, significherebbe togliere il merito all’opera dei tantissimi poliziotti penitenziari che al loro lavoro credono davvero. Come sindacalista questo è  quello che vorrei  fosse evidenziato. Quello che come rappresentante dei lavoratori mi vorrei impegnare a fare è elevare agli onori della cronaca nazionale  la qualità del lavoro fatto dai colleghi, il rispetto di tutte le regole e, soprattutto, il risultato conseguito. Barivelo quando terminerà il periodo covid farà rientro in carcere  e lo farà, così come sono convinto accadrà, con il piglio di persona pentita degli errori fatti nel passato e pronto, come lo è sempre stato,  a dimostrare che il lavoro dei poliziotti penitenziari è davvero molto utile”.

Andrea D’Aurelio

 

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